Araya, Da Col, Tenzin Khentse e De Vecchi
De Vecchi e Araya Toro Conquiatano Vigevano
Venerdì
10 settembre, alle ore 18.30, nel giardino della Biblioteca Civica Mastronardi
di Vigevano in Corso Cavour 82, si è svolto l'evento intitolato “All'imbrunire
delle parole d'inchiostro” con la presenza degli autori abbiatensi Alessandro
De Vecchi, che ha presentato il suo ultimo libro “Nulla da insegnare, molto da
condividere - contemplazioni di un allievo della vita” e Julio Araya Toro,
che ha spiegato la sua ultima opera “Il mormorio della risacca”. La serata è
iniziata con l'introduzione dello scrittore cileno residente in Abbiategrasso
Araya Toro in veste di Presidente dell’associazione storico-culturale “Ducato
di Abbiate-Grasso”, organizzatrice dell'evento insieme alla Biblioteca Civica
Mastronardi di Vigevano e il Comune di Vigevano. Dopo il saluto iniziale, Julio
Araya ha ringraziato il pubblico presente, i moderatori e Andrea Feoli,
assistente bibliotecario. Poi Araya ha dato la parola al suo collega e amico
Alessandro De Vecchi, che ha presentato il suo moderatore, il “veneradissimo”
lama Tenzin Khentse (Cesare Milani) discepolo del Dalai Lama, che ha parlato
del “manuale” di De Vecchi, di come generosamente ha donato a tutte le persone
al di là del credo religioso che ha imparando attraverso la meditazione, e di
come trasmettere principi, valori e condividerli con tutti attraverso questo
libro. De Vecchi ha letto un brano della sua opera. E' stata poi la volta di
Julio Araya, il quale ha presentato al suo moderatore: il poeta dialettale e
cantautore abbiatense Lucio Da Col, che ha parlato del curriculum di Araya e ha
letto delle poesie e un racconto dell'autore cileno. Julio Araya ha fatto una
breve presentazione del curriculum di Da Col, spiegando suo contributo alla
poesia del Dialetto Abbiatense. Infine le domande del pubblico presente molto
interessato, coinvolto e motivato. Il momento più commovente della serata è
stato quando il lama Tenzin Khentse ha consegnato a Da Col, De Vecchi e Araya
Toro la “Sciarpa della Fortuna” (Khatà), poi De Vecchi ha consegnato a nome di
tutti (Da Col e Araya Toro) la Khatà al lama Tenzin Khentse. Una serata
bellissima piena di emozione, letteratura, mistica e tanta condivisione di
sentimenti talvolta dimenticati.
“Khatà” è una sciarpa bianca, del
cerimoniale civile e religioso, pubblico o privato del buddismo tibetano.
Simboleggia la purezza, la benevolenza, il buon auspicio e la compassione. Di
solito è fatta di seta bianca, colore che contiene tutti gli altri e
simboleggia la perfezione spirituale di Buddha – ma può anche esser arancione o
gialla o blu o verde o rossa. Può essere lunga fino a quattro metri per un
metro di larghezza con intessuta la formula sacra dei mani e gli otto simboli
di buon augurio. E’ un oggetto versatile. Viene offerta in dono alle divinità,
ai Lama, alle coppie di sposi, agli ospiti importanti, per la nascita dei
bambini, nelle diverse cerimonie, come arrivo e partenza di ospiti. E in molte
altre occasioni in cui si vuole offrire un augurio di prosperità e fortuna.
Viene anche usata per accompagnare un regalo.